SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Intervista a Stefano Palombi, creativo e regista dei nuovi spot

La collaborazione di Stefano Palombi con il Servizio CEI per la Promozione del Sostegno Economico inizia nel lontano 1990. In quell’anno entrò in vigore il sistema innovativo dell’8xmille e la Chiesa cattolica doveva informare una vastissima platea (40 milioni di contribuenti) su questa nuova forma di sostegno economico alla Chiesa. Si scelse di usare il […]
19 Marzo 2019

La collaborazione di Stefano Palombi con il Servizio CEI per la Promozione del Sostegno Economico inizia nel lontano 1990. In quell’anno entrò in vigore il sistema innovativo dell’8xmille e la Chiesa cattolica doveva informare una vastissima platea (40 milioni di contribuenti) su questa nuova forma di sostegno economico alla Chiesa. Si scelse di usare il linguaggio della pubblicità. Una scelta coraggiosa e dirompente. Il primo spot fu simbolico, la moltiplicazione dei pani e dei pesci. In quegli anni Stefano Palombi seguì l’attività come direttore creativo di una grande agenzia di pubblicità. Con qualche breve interruzione, la collaborazione con Palombi (fondatore e direttore creativo della Another Place e della Bang Film) arriva fino ai nostri giorni. Le campagne di informazione cambiano stile e da simboliche diventano sempre più concrete. Negli anni si parla maggiormente delle opere realizzate con l’8xmille in Italia e all’estero e dei loro protagonisti. Così, 10 anni fa, nasceva il “Chiedilo a loro”. Oggi si cambia. Di cosa parliamo esattamente? Risponde Stefano Palombi, creativo e regista della nuova campagna 8xmille della Chiesa cattolica.

Più che di cambiamento parlerei di una evoluzione. L’esigenza del Servizio Promozione della CEI era chiara: la nuova campagna informativa doveva evidenziare una serie di valori che sono alla base delle opere sostenute dai fondi 8xmille: accoglienza, futuro, speranza, riscatto, conforto. Era già stato fatto in passato e ho continuato a farlo in modo ancora più diretto. Ho cercato di raccontare un Paese parallelo, moderno nelle soluzioni e antico nei gesti, che può essere fonte di ispirazione anche per l’altro Paese, quello confuso, insoddisfatto, disilluso.

In una frase?
Ho mostrato il Paese dei progetti realizzati.
Di cui andare fieri ed essere orgogliosi. Vedere quello che è stato possibile realizzare in modo capillare grazie al servizio silenzioso e continuo di migliaia di volontari, sacerdoti, religiosi e religiose, e con il sostegno dei fondi dell’8xmille, da’ soddisfazione a tutta la comunità. Anche perché risponde alla diffusa richiesta di concretezza, con credibilità e autenticità.

Cosa raccontano i 30 secondi?
C’è un codice “segreto” in ogni spot, una frase che rompe il ritmo o lo conferma con una ripetizione, oppure ti sorprende uscendo apparentemente dall’argomento. Ti spinge ad allargare lo sguardo, ti fa capire che stiamo raccontando le opere ma anche qualcosa di più, uno stile di vita alternativo. Attimi di una diversa visione del mondo. Una visione nella quale spiritualità non è solo fede ma sinonimo di libertà dai modelli di ricchezza, bellezza, successo.

A cosa si è ispirato?
Ogni frase della nuova campagna è ispirata ad un Vangelo vissuto, che da parola diventa azione, scelte e comportamenti che abbiamo visto da vicino e toccato con mano. Questo ci dà la garanzia della verità, che resta il primo vero obiettivo della comunicazione della CEI.

È stato difficile?
È sempre una grande sfida. Ma bisogna riconoscere che questa nuova campagna nasce sana e robusta perché costruita sulle fondamenta gettate dalla campagna precedente. Con il “Chiedilo a loro” abbiamo imparato tanto, sono stati 10 anni spesi tra le opere. Opere ricche di valori che non sempre è stato possibile raccontare all’interno di un format che dava la precedenza al semplice racconto della storia.

Dieci anni passati tra le opere…ne ricorda qualcuna che le è rimasta nel cuore? Qualche persona che ricorda in modo particolare?
Difficile, quasi impossibile fare una classifica. Porto tutti dentro di me e la notte spesso mi vengono a trovare. Ma se proprio devo scegliere penso ad alcune storie di missionari coraggiosi e un po’ folli incontrati in Amazzonia o in Africa e poi le voci e i volti curiosi dei bambini circondati da mafie e cemento in alcune zone dimenticate del nostro Paese.

Dal punto di vista personale, questa esperienza più che decennale con la CEI, l’ha cambiata in che modo?
Prima di tutto ha cambiato il mio percorso professionale. Ho mandato all’aria “una brillante carriera” fatta di premi e cariche internazionali e ho scelto di ricominciare come regista di una campagna che dal punto di vista creativo anni fa sembrava essere poco stimolante. E’ stata una scelta avventata, ma di cui non mi sono mai pentito. Anzi, di più, posso dire che dopo quella di aver avuto i miei figli, è stata la migliore della mia vita. Chiuso in un ufficio forse avrei avuto una vita più facile ma non avrei mai incontrato la meravigliosa umanità che in questi anni ho cercato di raccontare.

Non so se sono diventato una persona migliore. Ma ho imparato a vedere e sentire non solo con gli occhi e le orecchie.