SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

In Un Altro Mondo: rientrati in Italia i 4 volontari

L'esperienza di volontariato all'estero nelle strutture finanziate anche con l’8xmille alla Chiesa cattolica è giunta al termine: è tempo di rientrare in Italia per Carmen, Tania, Andrea e Veronica. Questo viaggio è stato una tappa importante nella loro crescita personale e un aiuto concreto per tutte le persone coinvolte. Grandi emozioni, gioia, allegria, commozione…in poche […]
18 Settembre 2019

L'esperienza di volontariato all'estero nelle strutture finanziate anche con l’8xmille alla Chiesa cattolica è giunta al termine: è tempo di rientrare in Italia per Carmen, Tania, Andrea e Veronica. Questo viaggio è stato una tappa importante nella loro crescita personale e un aiuto concreto per tutte le persone coinvolte.

Grandi emozioni, gioia, allegria, commozione…in poche righe ecco le loro testimonianze al rientro in Italia.

Carmen Fiore – Madagascar. Sfoglia il suo diario

È tutto partito un po’ per caso ed un po’ per fortuna. Un annuncio su Facebook, una candidatura ed una selezione. Poi una chiamata; con grande stupore mi avevano selezionata per passare un mese a Nosy Be come volontaria in una scuola della congregazione di San Giovanni Battista. Lá insieme ad altri volontari dovevo insegnare l’italiano a 600 bambini per dare a loro la possibilità di un futuro lavorativo nel settore del turismo.

Ero partita tranquilla, sicura di essere vaccinata da ogni forma di nostalgia avendo già fatto un’esperienza di volontariato all’estero per un periodo più lungo. Eppure sono bastati 30 giorni per essere colpita da una grave malattia... il Mal d’Africa. Saranno stati i tramonti, i cieli stellati, i paesaggi ed i profumi speziati. Saranno stati l’allegria e l’accoglienza delle suore, l’amicizia nata con i volontari, o forse i bambini della casa famiglia che chiedono tanto affetto ed in cambio ti regalano un amore che non meriti. Saranno state le loro storie ad entrarmi dentro, quelle di povertà estrema e di abbandono. Forse le ore di lezione d’italiano passate a giocare e ad imparare insieme, o i momenti di ricreazione in cui diventavamo compagni di gioco e di ballo. Lì ho imparato che nonostante la fatica di alzarsi all’alba, la scomodità di riempire secchi d’acqua dal pozzo per lavarsi, c’è una semplicità della vita che riempie, che sazia la ricerca d’umanità che bramavo senza nemmeno saperlo. Lì ho imparato che non bisogna avere tanto per dare e che donandosi uno si ritrova e ancora di più si ritrova ad essere più felice e sereno che mai. Lì ho sperimentato la frase del Vangelo “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere”.

È già trascorso un po’ di tempo dal mio rientro eppure il Mal d’Africa non sembra passare. Dicono ci sia solo un modo per guarire: tornare.

Tania – Brasile. Sfoglia il suo diario

Ogni ritorno a casa porta con sé una consapevolezza differente, un nuovo noi che prima di ogni esperienza non sapevamo nemmeno esistesse. Cosa mi ha dato il Brasile in trenta giorni?

Come può avermi lasciato così tanto in un lasso di tempo così breve? Dal momento in cui sono scesa dall’aereo ho cominciato a fare i conti con una nuova famiglia, una lingua che parlavo a malapena, una cultura che non conoscevo.

I primi giorni sono stati duri, mi chiedevo soprattutto quanto il mio aiuto potesse essere concreto in un centro in cui, ogni persona che arriva, porta con sé una storia difficile da ascoltare e rispettare, quasi essa fosse un tesoro che le ragazze, raccontandoti, ti chiedono anche di custodire al sicuro. E io lo sto tuttora facendo. Alcune storie le ho condivise, altre no. Alcune erano così delicate che trasformarle in parole scritte ha richiesto molto sangue freddo. E ogni volta che questa difficoltà si presentava in me, veniva seguita da una frase che mi sono ripetuta dal primo all’ultimo giorno: “Pensa a chi, queste storie, le vive sulla propria pelle ogni giorno”.

Il Brasile mi ha lasciato tanti insegnamenti diversi, ma uno, più di tutti, li riassume: è importante mettersi all’ascolto degli altri. L’ho capito il giorno in cui una ragazza mi disse: “Grazie di ascoltarci, non lo fa mai nessuno con la gente come noi”.

Ecco lì, in quell’istante, ho capito che non è necessario sempre fare, fare, fare, per essere d’aiuto. A volte basta sedersi su un prato e dire alla persona che si ha di fronte: “Sono qui per te. Parlami di ciò che vuoi”. E affrontare, poi, il fiume in piena di parole ed emozioni che, inesorabilmente, arriva.

Provo ora molta nostalgia, ma sento che il mio non è stato un addio al Brasile. La mente sogna ma i piedi sono per terra e capisco quanto questo mese possa essere stato l’inizio per qualcosa di più, in futuro. Ho la mente serena e il cuore libero mentre scrivo.

Con tanta gioia.

Andrea – Albania. Sfoglia il suo diario

“Albania”. Albania per me non è più solo la parola utilizzata per indicare una nazione incastonata tra il mar Mediterraneo e le montagne balcaniche. Per me questa parola è ormai sinonimo di “casa”: una casa ancora per molti versi misteriosa, di cui non conosco la maggior parte delle stanze ma che mi ha ospitato per un mese intero. La cultura prudente ma contemporaneamente estremamente ospitale del nord di questo paese è ormai entrata dentro di me: persone disposte a donarti ogni loro avere pur di farti sentire anche solo per un istante a casa, pur trovandoci a 3 ore dal primo centro abitato, dispersi per le montagne incontaminate e senza elettricità. Ciò che mi è rimasto di più di questo progetto è sicuramente stata la mia incapacità di portare un contributo reale e concreto per queste persone, se non attraverso un reportage in cui ho dato tutto me stesso. Scatti rubati, video improvvisati e soprattutto il tentativo umile e timido di entrare in relazione con le famiglie che mi accoglievano anche solo per un'ora dentro le loro stalle, le loro case e i loro pascoli. Mi ha aiutato a capire che “volontariato” non significa assistenzialismo, ma sviluppo locale portato avanti attraverso la cultura locale. Uno dono veramente straordinario.

Veronica – India. Sfoglia il suo diario

Cos’ho imparato da questo viaggio? Ho imparato ad apprezzare. Da un popolo così spirituale ho imparato l’importanza dei momenti di riflessione.

Grazie alle esperienze relative all’inondazione ho imparato ad apprezzare un bene per noi così ordinario da essere scontato: la casa. Vedendo la rassegnazione, la rabbia, l’incredulità sui volti di chi sotto le macerie ha perso un amico o un familiare ho rivalutato il concetto di “vita”. Aiutando in un centro per disabili ho constatato quanto malformazioni e paralisi impediscano alla vita. Ho imparato ad apprezzare il mio “potere tutto”, le mie infinite possibilità. Ho imparato, e non sempre è facile, ad apprezzare il mio corpo: sano sebbene non perfetto.

L’India ha ancora bisogno di un grande aiuto, economico ma soprattutto sociale. Auguro quindi il meglio per il futuro di coloro che ho conosciuto e che tentano ogni giorno, anche grazie ai fondi donati con l’8xmille alla Chiesa cattolica, di dare una mano. Consapevole che il mio contributo non debba finire qui, auguro a me e ai miei tre colleghi di riuscire ad intraprendere questo viaggio oltre il viaggio.