SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

In arrivo su TV2000 due spot sui sacerdoti

Prendendo spunto dalle belle storie di sacerdoti pubblicate ogni mese sul sito insiemeaisacerdoti.it e sul relativo canale youtube, abbiamo chiesto al regista e autore dei video, Giovanni Panozzo, di condensare ogni storia in un breve spot da 30 per promuovere le Offerte deducibili nei mesi di ottobre, novembre e dicembre su TV2000. Nel mese di […]
28 Settembre 2020

Prendendo spunto dalle belle storie di sacerdoti pubblicate ogni mese sul sito insiemeaisacerdoti.it e sul relativo canale youtube, abbiamo chiesto al regista e autore dei video, Giovanni Panozzo, di condensare ogni storia in un breve spot da 30 per promuovere le Offerte deducibili nei mesi di ottobre, novembre e dicembre su TV2000.

Nel mese di ottobre vedremo le storie di Nembro e di Milano.

A Nembro la storia di due sacerdoti, don Matteo Cella e don Antonio Guarnieri che hanno vissuto vicino alla loro gente il dramma dell'esplosione della pandemia, e a Milano la storia di un parroco, don Giuseppe Facchineri, che vive la quotidianità facendosi prossimo alle persone della sua comunità a lui affidate.

Sanno che tutti i giorni io ci sono

“Da quando sono prete ho deciso che per me è normale farmi disturbare. Sanno che tutti i giorni io ci sono.”
Nella periferia sud-est di Milano – vicino agli insediamenti industriali della Montecatini, alla stazione di Rogoredo e al bosco – don Giuseppe è una presenza vivace.
Entusiasta e determinato, crede nel significato più puro della parola “parrocchia”: stare in mezzo alla vita.

E lui di vita ne vede tanta. Incontra le famiglie, mangia con loro, le coinvolge nella sua passione per i mosaici: la bellezza imperfetta che può nascere dagli scarti. Insieme ai suoi collaboratori, si impegna a educare bambini e ragazzi al rispetto dei compagni, dell’ambiente, degli spazi comuni.

In via Lungheria, un quartiere con un passato ferito, le persone rispondono, danno il cuore, la chiesa è un punto di riferimento per tutti, anche i non credenti. Tutti sono compagni di strada.
All'ingresso della chiesa, poco prima dell'inizio della messa, don Giuseppe saluta a uno a uno i suoi parrocchiani: “Così saprò a chi devo fare la predica”, dice sorridendo.

Con il tempo, si è creata una rete di relazioni e simpatia, una comunità attiva e partecipe. E non importa se non c’è mai una giornata libera. Quel che conta è farsi trovare, con un abbraccio o una parola. Sempre.

La vera giustizia

La parrocchia di Nembro si trova all’inizio della Val Seriana, a poca distanza da Bergamo. Una piccola comunità che in poche settimane ha visto andarsene 188 persone, molte delle quali morte sole in un letto d’ospedale senza il conforto dei propri cari. L’esperienza del Covid-19, in questa zona, è stata straziante.
Difficile trovare le parole per descriverla.

“Ci sentivamo di un’impotenza terribile. A un certo punto abbiamo smesso anche di suonare le campane”, dice don Antonio con lo sguardo commosso.

In quei giorni pieni di paura, gli abitanti di Nembro sono entrati in contatto con un modo di morire “disumano”, come lui stesso lo definisce. Mentre ogni certezza si sfaldava davanti all’imprevedibilità del virus, l’oratorio ha tenuto vive le relazioni tra i giovani, che si sono messi al servizio della comunità.

Cosa resta di quei momenti, ora che il virus sembra essersi placato? Sicuramente, la consapevolezza che la Chiesa deve rinascere partendo dalle relazioni, dai piccoli gesti, dalle storie e dalla vita delle persone. “La nostra gente ha bisogno di poche cose. Di vicinanza”.

I familiari delle vittime chiedono giustizia. Ma, come dice don Matteo, una parte di giustizia è già stata fatta da tutti coloro che hanno lavorato per il bene degli altri. C’è chi ha portato da mangiare nelle case degli anziani soli, chi ha portato i compiti ai bambini che non riuscivano a stampare le schede a casa, chi ha accompagnato all’ospedale i malati bisognosi di dialisi.

Tutte queste persone sono state portatrici di giustizia. Perché hanno fatto la cosa giusta.