115 preti diocesani hanno già perso la vita a causa del Coronavirus. Subito dopo i medici, la categoria più colpita dalla pandemia è proprio quella degli uomini di Dio che, anziché stare al sicuro nelle proprie parrocchie, hanno scelto di vivere fino in fondo la loro missione: stare accanto ai malati, ai poveri, agli emarginati, alle pietre scartate. Sono l’immagine più bella di una Chiesa che non ha paura, ma si fa carico delle fragilità, continua a offrire risposte e a donare speranza. Proprio per questo, anziché aggiornarvi sullo stato delle Offerte ai sacerdoti, in questo momento riteniamo più importante dedicare l’articolo a tutti i sacerdoti caduti sul campo di battaglia del Coronavirus, per dire loro grazie e manifestare tutta la nostra riconoscenza.
Ultimo, in ordine di tempo, è un sacerdote simbolo del territorio, rappresentante ideale di migliaia di parroci che dedicano la vita alla propria comunità. Don Giuseppe Branchesi, classe 1938, sacerdote dal 1962 e parroco a Santa Maria in Selva, frazione di Treia. Insegnante di religione a Macerata, appassionato di sport, a metà degli anni ’60 ha fondato la squadra locale di pallavolo, la Lube volley, che ha festeggiato il titolo di campioni del mondo. Organizzava campi scuola per i giovani, era consigliere ecclesiastico regionale della Coldiretti e guida spirituale per la comunità.
Il virus colpisce soprattutto i preti anziani, ma non risparmia i giovani. Don Enrico Bernuzzi, classe 1973, è stato ordinato sacerdote nel 2006. Parroco di Voghera, impegnato in diverse parrocchie, è diventato un punto di riferimento per i ragazzi degli oratori. Referente diocesano per la Pastorale vocazionale e il seminario, ha dato conforto e aiuto a tantissime persone. Anche don Alessandro Brignone è diventato sacerdote nel 2006 ed aveva solo 46 anni. E’ stato parroco a Caggiano, in provincia di Salerno, dal 2011. E’ deceduto per aver contratto il virus durante un raduno neocatecumenale di inizio marzo, durante il quale sono rimaste contagiate ben 19 persone.
Il quotidiano Avvenire diffonde puntualmente i dati e i nomi dei sacerdoti morti per Coronavirus, racconta le loro storie e li accorpa per chiese locali, diocesane e regionali. Scopriamo così che la diocesi di Bergamo paga il conto più salato, con ben 25 sacerdoti morti. Uno per tutti è don Fausto Resmini, classe 1952, prete dal 1978. Conosciuto come il “prete degli ultimi”, ha dedicato la vita accanto ai giovani in difficoltà, alle prostitute, ai senzatetto, ai carcerati. Dal 1992, come cappellano nel carcere bergamasco, ha incontrato detenuti di tutti i tipi: terroristi, politici processati per Mani pulite, persino Massimo Bossetti, condannato per l’omicidio della piccola Yara. Per tutti questi “indesiderati” dalla società, don Fausto ha sempre avuto parole di speranza, di fede, di accoglienza.
“Sono i santi della porta accanto” ha detto Papa Francesco, nella messa in Coena Domini, la funzione che segna l’inizio del triduo pasquale e ricorda l’ultima cena di Cristo. Sono migliaia in tutta Italia i sacerdoti che, come il buon samaritano, si accostano ai malati, fasciano le ferite del corpo e dell’anima, si prendono curo con amore e, proprio per amore, sono disposti a dare la vita. Per tutto quello che fanno dobbiamo sostenerli e aiutarli economicamente, secondo le possibilità di ciascuno. In questo modo, ognuno di noi può contribuire a mostrare il volto bello della Chiesa.
Paolo Cortellessa