SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Essere sacerdoti ad alta quota / Per don Andrea e don Alessandro una missione nella missione

La montagna è silenzio, raccoglimento, ma è anche l’espressione più potente della natura, con paesaggi meravigliosi e allo stesso impervi, soprattutto d’inverno. Essere sacerdoti ad alta quota è una missione nella missione. Ce lo raccontano Don Andrea e Don Alessandro, che vivono insieme nella casa canonica di Châtillon. Le loro chiese sono in quattro paesi […]
17 Maggio 2021

La montagna è silenzio, raccoglimento, ma è anche l’espressione più potente della natura, con paesaggi meravigliosi e allo stesso impervi, soprattutto d’inverno.

Essere sacerdoti ad alta quota è una missione nella missione. Ce lo raccontano Don Andrea e Don Alessandro, che vivono insieme nella casa canonica di Châtillon. Le loro chiese sono in quattro paesi non lontani ma difficili da raggiungere, viste la strade strette e l’altitudine.

“Cerchiamo di arrivare alle persone che sono un po’ lontano, semplicemente con quello che siamo.”

Ed è questa semplicità d’animo, unita alla grande generosità nel darsi, che fa di due giovani parroci dei coraggiosi uomini di fede. Perché di questi tempi, oltre ai capricci della montagna, bisogna affrontare qualcosa di molto più complesso: la pandemia.

Don Alessandro, il viceparroco, è stato ordinato quando l’emergenza sanitaria era già conclamata. Non ha mai celebrato una messa senza mascherina. Prima di diventare sacerdote era cuoco nel ristorante di famiglia. Una passione che continua a coltivare cucinando per tutti in canonica e facendo la spesa al mercato, dove spesso incontra i suoi parrocchiani e si ferma con loro per un saluto. Dalla scuola e dalla cucina ha imparato che tutto ha un ordine e va dosato.

Don Andrea è un prete molto deciso, ma sa riconoscere quando sbaglia. Dà fiducia ai giovani e agli adulti che collaborano nella vita parrocchiale, e questo aiuta i fedeli a crescere nell’autonomia e nell’assunzione di responsabilità.

“Credo che il futuro delle nostre chiese sia nelle relazioni”, dice. Questo significa accogliere le diversità.

Per Don Alessandro e Don Andrea il tempo trascorso nella comunità deve essere sempre di qualità, senza partecipazioni frettolose. L’appuntamento domenicale della santa messa diventa, così, un incontro sereno e calmo, in cui ci si saluta e si condivide la vita.

E se ogni tanto si sente il pianto di un bambino durante la funzione, c’è solo da sorridere: è un grido di futuro.