SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Donare vale quanto fare / La comunità cristiana e i suoi preti

Uscirà nel numero di marzo di Catechisti Parrocchiali questo articolo di don Roberto Laurita dedicato ai sacerdoti e al loro sostentamento. *** Dopo un rapido viaggio, nell’inverno dell’anno 49-50, Paolo e i suoi compagni raggiungono la città di Filippi, nella regione della Macedonia. Si tratta di una colonia romana, luogo di residenza di ex-legionari. Gli […]
22 Febbraio 2022

Uscirà nel numero di marzo di Catechisti Parrocchiali questo articolo di don Roberto Laurita dedicato ai sacerdoti e al loro sostentamento.

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Dopo un rapido viaggio, nell’inverno dell’anno 49-50, Paolo e i suoi compagni raggiungono la città di Filippi, nella regione della Macedonia. Si tratta di una colonia romana, luogo di residenza di ex-legionari. Gli ebrei sono poco numerosi e non hanno neppure una sinagoga. Per pregare si radunano fuori delle mura della città. La loro situazione è delicata. Qualche mese prima l’imperatore Claudio ha cacciato gli ebrei da Roma. Ogni propaganda ebraica è proibita. Ecco dunque Paolo, cittadino romano, che entra in una città romana. È la prima città dell’attuale Europa in cui viene predicato il Vangelo.

L’OSPITALITÀ DI LIDIA
Lidia, commerciante di porpora, originaria della città pagana di Tiatira, risiede a Filippi. Colpita dalle parole di Paolo, si fa battezzare e spinge i missionari a andare ad abitare nella sua casa. Il racconto di Luca, negli Atti degli Apostoli, è semplice e bello: «C’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia… e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo essere stata battezzata assieme alla sua famiglia, ci invitò: “Se avete giudicato che io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa. E ci costrinse ad accettare”» (At 16,14-15).

A Filippi Paolo e Sila sono ingiustamente accusati di fare propaganda ebraica. Vengono battuti, imprigionati e poi liberati. Ma devono abbandonare la città. Paolo vi ritornerà ancora due volte in occasione del suo terzo viaggio: all’andata, nell’autunno del 57, e al ritorno, a Pasqua del 58. Nel frattempo scrive ai filippesi una lettera in cui esprime la relazione privilegiata che egli ha conservato con questa prima comunità della Macedonia.

UNA COMUNITÀ CHE SOSTIENE L’APOSTOLO
I cristiani di Filippi si sono dimostrati sempre generosi e attenti alle necessità di Paolo. Ed è solo da loro che egli accetta denaro per vivere. L’apostolo lo ricorda con gratitudine: «Voi di Filippi, lo sapete bene: quando lasciai la Macedonia e cominciai a diffondere altrove il messaggio del Vangelo, soltanto voi, e nessun'altra comunità, avete voluto prendervi cura di me. E anche a Tessalonica mi avete mandato, più di una volta, il necessario di cui avevo bisogno» (Fil 4,15-16). Al momento in cui scrive Paolo è in prigione, a Efeso, a causa del Vangelo e lì lo raggiunge Epafrodito, inviato dai Filippesi per portare gli aiuti. L’apostolo non può fare a meno di dire la sua riconoscenza: «Ancora una volta mi avete aiutato concretamente. Me ne sono molto rallegrato, come di un dono che viene dal Signore. È vero che vi siete sempre occupàti di me … Ora che Epafrodito mi ha portato quel che voi mi avete mandato, non ho più bisogno di nulla. Anzi, ho più del necessario. Il vostro dono è un'offerta gradita, è come il profumo di un sacrificio che Dio accoglie volentieri» (4,10.18).

E OGGI? LE COMUNITÀ CRISTIANE E I LORO PRETI
L’esempio dei cristiani di Filippi, i primi discepoli di Gesù in Europa, non è andato perduto. Lungo i secoli e anche oggi, nelle comunità i fedeli prendono a cuore la vita dei loro preti. Qualche volta lo fanno direttamente: un biglietto di auguri, un piccolo dono, una bottiglia di vino, accompagnata da un dolce, una visita sono un segno di vicinanza, di stima, di incoraggiamento di amicizia. Ma c’è un modo «organizzato» per sostenere tutti i preti, anche quelli che non conosciamo e che, forse, hanno maggiormente bisogno di aiuto. A questo proposito uno strumento prezioso è l’Istituto Centrale di Sostentamento del Clero, che raccoglie le offerte dall’Italia e, attraverso di esse, assicura a tutti i preti che operano nel nostro Paese, e anche a quelli che svolgono un servizio all’estero, la possibilità di affrontare serenamente le spese necessarie per vivere decorosamente.

DONI IN DENARO
Una comunità cristiana non può sviluppare le sue attività senza ricorrere al denaro. Alcuni pensano, talvolta in modo piuttosto idealizzato e irreale, che una comunità cristiana non ha bisogno né di denaro, né di beni materiali. La fede in Dio e la buona volontà dovrebbero essere sufficienti…

Ma è possibile curare l’edificio della chiesa, formare responsabili competenti, organizzare incontri, aiutare i bisognosi, annunciare la Buona Novella per mezzo di libri, film, giornali…, senza disporre di denaro?

È importante che i cristiani partecipino allo sviluppo delle loro comunità attraverso doni in denaro e questo per renderla maggiormente capace e dotata delle risorse necessarie per annunciare il Vangelo nel mondo d’oggi.

DIFFIDENZA
Coloro che sognano una Chiesa «senza denaro» hanno, in un certo senso, ragione. Sanno bene che il denaro non è cattivo, ma che tutto dipende dall’uso che se ne fa. Hanno semplicemente paura del potere che il denaro esercita anche sui cuori più puri. Temono che riesca a sporcare anche le migliori intenzioni… Francesco d’Assisi diceva: «Il denaro è un buon servitore, ma può diventare un padrone tirannico». Ecco perché tocca a tutti, e soprattutto ai responsabili, vegliare con saggezza evangelica perché nella Chiesa i doni in denaro servano unicamente all’annuncio del Vangelo e alla condivisione con i più poveri.

Proprio per questo è nato «il servizio nazionale», l’Istituto Centrale di Sostentamento del Clero, perché chi vuole donare possa essere sicuro di offrire un sostegno a tutti i preti, in qualunque zona si trovino a operare. I preti non sono superuomini, ma persone in carne e ossa, con le necessità e i bisogni di ognuno di noi. Sono a servizio delle parrocchie e ne costituiscono il cuore pulsante. Prendersi cura della loro esistenza significa consentire loro di agire a favore degli altri senza troppi ostacoli ed eccessive difficoltà. «Donare a loro» equivale a fare attraverso di loro, a compiere per mezzo loro tutto il bene di cui sono capaci. Uniamoci dunque nel dono con i nostri sacerdoti.

PROVA A SCOPRIRE…

attraverso una breve intervista al tuo parroco:

  • i tanti impegni che riesce a realizzare, dal mattino alla sera, di un giorno qualsiasi;
  • le diverse persone che incontra e perché;
  • i problemi piccoli e grandi che deve affrontare…

C’è qualcuno che lo aiuta? Chi sono i suoi collaboratori?

E c’è chi si prende cura di lui?

Le storie di tanti sacerdoti possono essere viste su www.unitineldono.it dove è possibile anche donare per loro.