SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Cercando i nuovi don Milani e Don Mazzolari

7 Giugno 2017

Per raccontare don Milani abbiamo incontrato un suo biografo, lo scrittore Eraldo Affinati. Perché il titolo L’uomo del futuro (Mondadori, 2016)?
Per ripensare ad un grande prete, maestro, educatore, scrittore, al di là dei fraintendimenti a cui è andato incontro in tempi di rigide contrapposizioni ideologiche.
Com’è cambiata scrivendo la sua idea del sacerdote?
Avevo letto tutti i suoi testi e lo avevo presente nella mia trentennale attività di insegnante tra i ragazzi cosiddetti ‘difficili’. Ma solo dopo aver visto i luoghi dove visse l’ho davvero conosciuto. Mi ha colpito la villa di Montespertoli: negli ambienti di quell’infanzia privilegiata, ho capito la rivoluzione interiore compiuta dal priore di Barbiana.
Lei ha parlato anche degli “altri” don Milani di oggi. Ne può citare qualcuno?
Ho ritrovato don Milani in tanti maestri, dalla Russia al Marocco. Era come se in loro ci fosse un lampo di don Lorenzo.
Quale ‘tesoro’ lascia don Milani ai nostri giovani?
Ogni adolescente dovrebbe scoprire la passione che lo governa, imparando ad ascoltare la voce del proprio maestro interiore.
L’educazione è ancora un punto di forza da cui l’Italia potrebbe ripartire?
Viviamo una crisi etica epocale, legata anche alla rivoluzione informatica. Dobbiamo rifondare il senso dell’esperienza personale. In quale altro luogo, se non a scuola, sarebbe possibile farlo?
Con quale linguaggio oggi i sacerdoti dovrebbero parlare ad una società che si allontana dal sacro?
Senza rinunciare alla tradizione liturgica, quella che i teologi definiscono ‘la disciplina dell’arcano’. E ‘all’odore delle pecore’, come chiede Papa Francesco, esplorando le periferie esistenziali. Non è facile, ma non c’è alternativa per portare all’esterno l’annuncio di Cristo.

VITE NEL SEGNO DEL RADICALISMO EVANGELICO
Due parroci patrimonio del cattolicesimo
Sono passati 50 e 58 anni dalla morte di don Lorenzo (1923-1967) e don Primo (1890-1959). Preti scomodi, che amarono la Chiesa soffrendo un duro ostracismo, riscoperti e talora ‘oltrepassati’ dagli eventi. Il loro radicalismo evangelico resta faro di vocazioni sacerdotali. Papa Francesco andrà a rendere omaggio ad entrambi il 20 giugno, a Bozzolo (in provincia di Mantova e in diocesi di Cremona), poi a Barbiana (Firenze). Uno, educatore dei poveri espulsi dalla scuola (‘un ospedale che cura i sani e respinge i malati’) e priore intento al radicamento della fede nel popolo di Dio, “perché sia significativa e non un’infarinatura.

Noi preti - diceva - abbiamo per unica ragione di vita quella di contentare il Signore e di mostrargli d’aver capito che ogni anima è un universo di dignità infinita”. L’altro, arciprete giornalista, promotore del cattolicesimo democratico e poi della Dc severo fustigatore, protagonista di un carteggio con Aldo Moro. Diceva: ‘il cristiano non dovrebbe contarli i poveri, ma abbracciarli’. Per lui “il povero secondo il Vangelo è l’uomo: ecce homo”. Due parroci dalla profonda sensibilità cristologica, patrimonio vivo del cattolicesimo europeo.

Dell’autore di Lettera ad una professoressa ed Esperienze pastorali, tra primato della parola che dà dignità e della Parola che disseta eternamente, molto si è scritto quest’anno. Ma ci sono sempre più motivi per rileggere anche don Mazzolari (da La più bella avventura. Sulla traccia del ‘prodigo’ a I lontani. Motivi di apostolato avventuroso). Poche settimane fa ad Hong Kong è stato tradotto in cinese il suo Tu non uccidere, manifesto del pacifismo cattolico, letto da Papa San Giovanni XXIII per la stesura della sua enciclica Pacem in terris. E in autunno si aprirà la fase diocesana della causa di beatificazione. Nelle prove sofferte, don Mazzolari nel 1958 scrisse al curato più giovane di immergersi “in un bagno di umiltà, un atto di fede oltre gli uomini” che “aspettano da te conferma del tuo amore verso la Chiesa”. Luca Pontremoli


COSÌ AIUTANO GIOVANI E ‘PERIFERIE’ A FIORIRE
Tanti sacerdoti sulle orme
di don Lorenzo e don Primo

Il futuro rimesso in mano alle nuove generazioni e a chi non sperava più. Tanti parroci si spendono nell’Italia di oggi per rendere la ‘meglio gioventù’ più numerosa, libera e non umiliata domani, con doposcuola di qualità ispirati a don Milani. E nel servizio al Vangelo e alle molte povertà di oggi, priorità di don Mazzolari. Le pastorali diocesane e le comunità parrocchiali sono consapevoli del grande ruolo di supplenza rivestito oggi dalla Chiesa, e ricominciano dall’educazione e dalla responsabilità evangelica verso i fratelli, nelle realtà più trascurate. Spesso facendole fiorire. “I giovani oggi respirano cinismo. Avreste diritto di vedere negli occhi degli adulti il combattimento e non la resa, non lo sguardo lamentoso e sconfitto sulla realtà” ripete loro don Maurizio Botta, prete romano, tra i tanti dediti alla pastorale giovanile.

È la stessa ‘terra di lavoro’ pastorale di padre Eugenio Brambilla al Gratosoglio a Milano e del suo progetto anti-abbandono scolastico ‘I Care’, con centinaia di diplomati tra chi aveva lasciato gli studi. O degli interventi diocesani ‘Iscola de maduridade’ a Iglesias, ‘Oltre lo specchio’ a Vigevano, ‘Talenti dispersi’ a Novara, ‘Come sale della terra’ a Bari, ‘Per amore della mia gente’ a Cosenza solo per citarne alcuni, sostenuti dall’8xmille. Con la cultura ‘si mangia’ al rione Sanità, a Napoli, dove don Antonio Loffredo ha creato cooperative giovanili che portano 40 mila visitatori l’anno nelle catacombe paleocristiane.

Don Gino Rigoldi, cappellano dell’istituto minorile ‘Beccaria’ di Milano o padre Gaetano Greco con ‘Borgo Amigò’, alla periferia di Roma formano ex detenuti ad una seconda vita. È invece tra i bambini rom di Napoli la pastorale di don Luigi Stradella. Tra i tossicodipendenti quella di don Nilo Nannini a Marradi (Firenze). Nell’Italia delle disuguaglianze crescenti, i parroci sono accanto agli 11 milioni di famiglie in affanno (‘quasi il 40% del totale,la maggioranza relativa del Paese’ indica Istat). Talora con aiuti immediati, ma soprattutto con servizi che puntano a far uscire stabilmente dall’emergenza, a partire dalla partecipazione del territorio e da comunità sempre più innovative e responsabili.

Oltre a quelli attivi nelle Caritas, i sacerdoti in tutte le regioni sono impegnati nella creazione di cooperative anti-disoccupazione (www.progettopolicoro.it)  e nella formazione delle fasce deboli. Anche la pastorale della legalità, con la pedagogia antimafia, contrasta la povertà materiale e spirituale. Così ‘fanno sistema’, fra i tanti, padre Giacomo Panizza a Lamezia Terme, don Luca Palei a La Spezia, don Alessandro Amodeo a Trieste, a don Marco Lai a Cagliari, don Maurizio Patriciello nella Terra dei fuochi campana. Li sostengono anche le nostre Offerte. “Siate grandi come la povertà che rappresentate” avrebbe intimato don Mazzolari. Maria Rossi