SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

Natale in corsia,
accanto ai fratelli più fragili

Presenti tra i malati, i loro familiari, il personale sanitario in ospedali grandi come città. Ministri della parola e dei sacramenti per chi lo desidera. E testimoni della consolazione tra i ricoverati non credenti. Su questo difficile fronte pastorale li raggiungono le nostre offerte. Ecco le giornate di due sacerdoti in camice bianco, a Milano […]
2 Agosto 2017
Presenti tra i malati, i loro familiari, il personale sanitario in ospedali grandi come città. Ministri della parola e dei sacramenti per chi lo desidera. E testimoni della consolazione tra i ricoverati non credenti. Su questo difficile fronte pastorale li raggiungono le nostre offerte. Ecco le giornate di due sacerdoti in camice bianco, a Milano e a Lecce.
DON TULLIO PROSERPIO
NELLA LOTTA CONTRO LA MALATTIA LA PREGHIERA D’INTERCESSIONE

Un ciuffo sugli occhi neri, il sorriso dei 17 anni. La foto di Alessandro Bianchi non rende ragione dell’energia che emana dal tavolo di don Tullio Proserpio all’Istituto nazionale dei Tumori di Milano e dal sito dell’associazione per la ricerca sul cancro fondata dai genitori dopo la morte del ragazzo, a novembre 2009 (www.ilmondodiale.it). «Se l’assistenza spirituale ci ha aiutato? Con don Tullio è nata una vera amicizia» dice Raffaele Bianchi. «È entrato in punta di piedi nelle nostre vite e si è reso disponibile se volevamo parlargli. Perché nel momento in cui si varca con un figlio di 14 anni la soglia di un reparto di oncologia pediatrica, si entra in un’altra dimensione. Mai una volta gli abbiamo sentito dire frasi fatte.

Don Tullio si è offerto di camminare con noi». Anche dopo la morte di Alessandro. Brianzolo, laurea in Architettura, 49 anni, viceparroco e dal 2003 cappellano in uno dei poli d’eccellenza per la lotta al cancro (21.680 ricoveri l’anno, 1.942 dipendenti). «Una volta qui, tra i malati, i familiari e il personale medico, mi sono messo ad approfondire che cosa avesse da dire la fede rispetto alla malattia, e quali luci il Vangelo gettasse su una diagnosi grave» dice don Proserpio. Per il ministero della Salute sono 2,2 milioni gli italiani che convivono con una diagnosi oncologica.

Nei 10 anni con un altro cappellano, don Giovanni Sala, don Tullio ha imparato come il percorso terapeutico apra opportunità di apostolato: «Non si tratta più solo di amministrare i sacramenti a chi lo chiede. Oggi la scienza riconosce che la dimensione spirituale è parte integrante del sostegno di cui la persona ha bisogno per rendere efficace la terapia». L’assistenza spirituale oggi fa parte del “Progetto Giovani” nato due anni fa nell’ospedale milanese.

La maggior parte dei pazienti non è credente. E il cancro provoca inevitabilmente rabbia, ribellione, paura, ricerca di senso. «Il nostro compito» osserva don Tullio «è contribuire a mantenere la speranza. E la speranza implica una dinamica relazionale: non si spera mai da soli, si spera con gli altri e per gli altri». E spiega: «Anche Gesù nel Vangelo manda i suoi a due a due. Perché da soli ci scoraggiamo molto più facilmente. Abbiamo tutti bisogno di essere accompagnati, tanto più nella malattia. Speriamo se viviamo buone relazioni: i malati aumentano la speranza nel momento in cui si sentono accompagnati, avvertono un beneficio quando qualcuno prega per loro». È il valore della preghiera di intercessione: «Ogni volta che lascio un malato, faccio presente che pregherò per lui e per i suoi cari. E nessuno, anche fra coloro che si dichiarano atei, mi ha mai detto: per me non lo faccia, non preghi per me».

M. B.

 

“ERO MALATO E MI AVETE VISITATO”
Crisi economica, società secolarizzata e calo delle vocazioni oggi vanno a ridurre il numero di sacerdoti dipendenti di ospedali a favore di quelli ‘a chiamata’, secondo accordi tra diocesi e asl (o regioni): a religiosi o preti diocesani con incarichi in parrocchia viene chiesto di prestare anche servizio in corsia. Ci sono meno lungodegenti e più ricoveri brevi, ma non cambia il dono di sé ai fratelli. “Nella malattia tutti sperimentiamo di essere fragili – spiega don Carmine Arice, direttore Ufficio nazionale Cei di pastorale della salute- che vuol dire effimeri, deboli, ma anche preziosi agli occhi di Dio”.
DON GIANNI MATTIA

LA TENEREZZA DI DIO E QUEI 150 VOLONTARI TRA I PAZIENTI DI PEDIATRIA

 

 

«L’idea mi è venuta un giorno in rianimazione» racconta don Gianni Mattia, 42 anni, energia da vendere «quando una ragazza che assistevo, operata per un tumore cerebrale e totalmente paralizzata, mi ha detto: “Padre, adesso non mi resta che piangere o ridere”. Per piangere c’è tempo, ho pensato, adesso bisogna farti ridere». Pioniere della clownterapia all’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, di cui è cappellano dal 1998, talvolta cammina nelle corsie di pediatria, senza che nessuno ormai si stupisca, il camice bianco sopra l’abito talare, il naso rosso dei clown e la faccia dipinta.

Una volta acquisite le tecniche di clownterapia, ha fondato l’associazione “Cuore e mani aperte verso chi soffre”, che oggi conta 150 volontari. «Nei fine settimana e durante le festività, quando l’ospedale si svuota, regalano tempo e sorrisi ai bambini dei nosocomi di Lecce, Galatina e Casarano» dice il sacerdote, laureato in teologia della pastorale sanitaria. «Non siamo giocolieri, non dobbiamo distrarre, ma portare l’amore di Dio, anzi di più: l’euforia del Suo amore. Far sentire a chi è nel dolore la carezza e la tenerezza di Dio attraverso un sorriso. A volte non serve altro per evangelizzare la sofferenza. Il sorriso poi ti fa entrare ovunque, anche presso culture e fedi differenti, anche nei cuori di una società sempre più secolarizzata».

Come ogni anno, a Natale, festa della gioia, fervono i preparativi per qualcosa di speciale. «Di sicuro porteremo Gesù Bambino in tutti i reparti. Organizziamo inoltre uno spettacolo con le bolle di sapone per i piccoli degenti e un pranzo a mensa con i pazienti della psichiatria, per loro una prima volta, visto che, di solito, mangiano in stanza».

A testimonianza di quanto il sacerdote sia punto di riferimento non solo per i più piccoli, il personale dell’ospedale ogni mese destina un euro della busta paga (per un totale circa di mille euro al mese) al fondo di solidarietà, che sostiene le attività dell’associazione. Così un anno fa è nata la Bimbulanza, «un’ambulanza a misura di bambino, unica in Italia: colorata dentro e fuori, con schermo dvd e clown, per togliere la paura ai piccoli negli spostamenti da un ospedale all’altro».

Così ha aperto la Casa d’accoglienza per i familiari dei degenti, gestita dalle suore della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, mentre un’altra è in costruzione in Tanzania. Prossimi progetti: «Vorrei istituire» dice don Gianni, autore di preghiere-filastrocche sul sito dell’associazione, oltre che di un libro, “Sul palmo della tua mano” (Edizioni Paoline) con le storie della sua esperienza in ospedale «un Premio bontà assegnato dai pazienti al medico o all’infermiere distintisi per la carità, per il cuore con cui lavorano. Metterà in luce l’impegno silenzioso di tanti».

D. De V.