SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

«La nostra terra
dà speranza e lavoro»

DON VITO GAUDIOSO (ANDRIA) DAI TERRENI CONFISCATI SOSTEGNO PER 900 FAMIGLIE «L’emergenza occupazione e la promozione del territorio ci hanno spinti ad ‘inventare’ il lavoro a partire dalla vocazione agricola della nostra terra». Tornata alla vita e a dare da vivere ad Andria anche grazie a sacerdoti come don Vito Gaudioso. Parroco e da un […]
2 Agosto 2017
DON VITO GAUDIOSO (ANDRIA)
DAI TERRENI CONFISCATI
SOSTEGNO PER 900 FAMIGLIE

«L’emergenza occupazione e la promozione del territorio ci hanno spinti ad ‘inventare’ il lavoro a partire dalla vocazione agricola della nostra terra». Tornata alla vita e a dare da vivere ad Andria anche grazie a sacerdoti come don Vito Gaudioso. Parroco e da un anno anche vicepresidente della cooperativa ‘Sant’Agostino’, che gestisce 4 ettari confiscati alla mafia, oggi assegnati a «Terre di Puglia-Libera Terra» di Mesagne (Brindisi).
L’Orto sociale, con 14 soci (11 giovani e 2 adulti), è stato sostenuto con 15 mila euro dal progetto della Caritas diocesana ‘Green Life’. «E rientra - spiega don Vito- nel programma pastorale «Dio educa il suo popolo’”. I giovani coltivano prodotti autoctoni biologici, nel rispetto del clima e delle stagioni. Due ettari per colture invernali (dalle cime di rapa ai legumi, dagli spinaci alle ciliegie), uno per l’uliveto che produce olio con il marchio ‘Libera’. «Con le nostre colture -spiega il presidente della cooperativa Vincenzo Roberto - siamo presenti in eventi parrocchiali, riforniamo mercati, vendiamo a livello nazionale con grandi marchi bio, e doniamo parte del raccolto ai Centri ascolto Caritas e ai centri interparrocchiali, che sostengono circa 900 famiglie.

In più invitiamo la comunità a comprarli perché è un valore aggiunto: fare la spesa così significa investire nella produzione locale, a chilometri zero, sostenendo economia e lavoro». Il team organizza inoltre laboratori di agricoltura biologica per rendere più consapevoli produttori e consumatori. «La passione azzera la fatica» per Maria Rita Sellitri, 26 anni, laureata in Scienze agrarie e socia della 'S. Agostino’. «La cooperativa significa posti di lavoro in grado di cambiare la mentalità dei consumi» aggiunge Emanuele, 33 anni, economo e quando serve muratore. Davide Lorusso, 24 anni, diventerà sacerdote. Nell’orto ‘Sant’Agostino’ vede un altro aspetto dei suoi studi al Seminario di Molfetta: «nell’agricoltura le potenzialità economiche sono enormi per questo Sud martoriato dalla disoccupazione». «Al più presto ci servirà una sede adatta - chiarisce il presidente Vincenzo Roberto - per trasformare i nostri prodotti, aprire una masseria didattica e una rete di scambio con le scuole».

«Oggi custodire il Creato e rivedere i consumi delle famiglie, sempre più in affanno di fronte alla crisi economica – evidenzia il direttore della Caritas diocesana, don Mimmo Francavilla- significa conciliare ecologia e risparmio, nell’ottica di un’ alimentazione sana e genuina. Ora puntiamo all’integrazione sociale, con proposte concrete in 5 tappe (cibo, rifiuti, acqua, abitazioni, energia). E’ la nuova scelta di vita, oltre l’assistenzialismo, progettata nel programma pastorale diocesano «La famiglia tra lavoro e festa».S.L.

  
ARGHILLA’ (REGGIO CALABRIA)
DON FRANCESCO MEGALE,
8 GIOVANI E UN SOGNO DIVENTATO REALTÀ

Un sogno nato nella ‘terra di nessuno’, ai margini di Reggio Calabria. Ad Arghillà, 7 mila abitanti, trasformata da scelte clientelari in distesa di alloggi popolari in gran parte occupati abusivamente da italiani e rom, dal 2007 il parroco don Francesco Megale si è fatto carico di una promozione umana senza precedenti attraverso formazione ed evangelizzazione. Prima l’associazione «Il tralcio» per contrastare la dispersione scolastica nel doposcuola. Poi la cooperativa «Collina del sole» (8 giovani), finanziata con il Prestito della speranza Caritas per 15 mila euro, e dalla Fondazione Tertio Millennio - Progetto laboratorio Sud, con 20 mila per l'acquisto di attrezzi agricoli, furgone e istallazione di serre. A monte, la formazione con il Progetto Policoro della Chiesa italiana.

«Ci preme dare lavoro - ribadisce don Francesco- e le iniziative non mancano, per sconfiggere le povertà, delocalizzare i rom, ridare credibilità al territorio. Senza un coordinamento con le istituzioni tuttavia l’integrazione sarà difficile». Ma gli otto soci di «Collina del sole» non demordono e investono energie e competenze coltivando i terreni a frutta e ortaggi, e con il laboratorio d’artigianato (vasi, icone, complementi d’arredo). «Nella nostra parrocchia di Sant’Aurelio ho visto da vicino le fragilità delle famiglie del territorio –spiega Angelo Labate, laurea in Scienze politiche e socio fondatore- Dal Centro Diurno, dove do una mano nel recupero scolastico, e dall’associazione sportiva ‘Fortunato Quattrone’ passano realtà difficili. Ma oggi guardo la mia Arghillà e quelle vigne abbandonate trasformate in orti, come prova tangibile di un futuro migliore». «Sto per laurearmi in architettura e avrei avuto difficoltà a trovare un lavoro - evidenzia Silvia Putortì, 27 anni- Ora in cooperativa mi metto in gioco con l’artigianato».

Paola Losi, sposata, perito programmatore, era disoccupata da due anni: «applichiamo tecniche antiche e innovazione nella decorazione del vetro, della ceramica, del legno, nell’uso della scorza d’agrumi e dei tralci di vite, creando oggetti esclusivi per il nostro punto vendita”. «Portiamo avanti un progetto di vita -aggiunge la presidente Maria Quattrone, 35 anni - Chi conosce i disagi e i limiti di questa ‘periferia delle periferie’ sa anche delle grandi risorse da portare alla luce. Partiti da un percorso di pastorale giovanile, oggi la nostra priorità è il servizio al territorio e alle persone. Siamo in rete con il Progetto Policoro, i GAS (Gruppo acquisto solidale), le diocesi e il Parco ludico-tecnologico-ambientale di Ecolandia, a pochi chilometri da qui, in cui gestiamo un’area giochi; siamo inoltre inseriti nel consorzio di coop sociali Calabria. Tutte opportunità per trasformare il nostro progetto in occupazione stabile». www.progettopolicoro.it   S.L.

 

 

 
SANFATUCCHIO (PERUGIA)
DON REMO SERAFINI, IL CASOLARE,
CROCEVIA PER GUARIRE LE FERITE

«La porta della nostra casa è aperta a tutti quelli che hanno bisogno di ritrovarsi, gettando via il male e facendo emergere il bene». Don Remo Serafini, parroco dal 1968 della vicina frazione di Sanfatucchio di Castiglione del Lago (Perugia), è il promotore della casa d'accoglienza «Il Casolare», realizzata nel 2004 dalla Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve sui terreni un tempo appartenuti alla Buitoni.

«Negli anni - racconta don Remo - abbiamo accolto giovani con problemi di droga, di alcool o con esperienze familiari dolorose; religiosi in crisi, detenuti agli arresti domiciliari e persone afflitte dal «male del vivere», di ogni Paese o religione. In questo momento, tra responsabili e ospiti, ci sono circa 40 persone. Con noi, anche un bambino kosovaro portatore di handicap, che ci è stato affidato». «Viviamo una vita comunitaria nella semplicità e nella provvidenza - aggiunge - la maggior parte del tempo la dedichiamo alla preghiera e al lavoro, secondo i principi della gratuità e del dono, propri dell’economia cristiana.

Nessuno dei ragazzi o dei responsabili viene retribuito. Nessuno paga quote per vivere nella comunità». La casa si mantiene con donazioni e con un contributo dall’8xmille. D’estate poi diventa campo estivo per giovani e famiglie: «con l’aiuto di religiosi esperti, vengono qui a riflettere sui temi dell’educazione dei figli» aggiunge don Remo. Che al Casolare, oltre che nella sua parrocchia di San Felice, il prossimo 28 giugno festeggerà il 50° di sacerdozio, dopo una vita dedicata al Vangelo e alla storia del territorio del Trasimeno, anche come responsabile dell’archivio diocesano di Città della Pieve. «Don Remo –spiega Chiara, che con il marito Giovanni è responsabile della casa– per noi è un padre. Si dedica a tutti, si apre al confronto.

Non è un caso che ben 5 ragazzi abbiano scoperto qui la loro vocazione religiosa e che altri, di confessioni diverse, si siano convertiti al cattolicesimo». Profondo anche il legame con la diocesi: «Da qualche anno –aggiunge Chiara– per la festa del Corpus Domini noi del Casolare, insieme ad altre case d’accoglienza diocesane, allestiamo nella piazza principale di Perugia, in segno di gratitudine, l’infiorata, attraverso cui l’arcivescovo fa passare l’Eucarestia». «Dopo aver riannodato i fili della loro vita, che sentivano perduta - conclude Daniela Monni, direttrice della Caritas diocesana - alcuni lasciano la comunità. La maggior parte però resta, per offrire a chi arriva in cerca di aiuto la propria esperienza. Da naufraghi, salvati dalla medicina dell’amore, diventano soccorritori». S.N.


VICINI A CHI LAVORA LA TERRA,
PER LA DIGNITÀ DELL’UOMO

Una delle risposte alla crisi economica negli ultimi anni è venuta dall’agricoltura. Dati Coldiretti-Swg-Miur 2013, registrano un ritorno dell’Italia alla terra, e forse a se stessa: +29% le iscrizioni negli istituti professionali agrari, +4,3% le nuove aziende, mentre il biologico segna +10% di fatturato. Tra gli under 35 gli agricoltori sono passati da 50 mila a 80 mila (il 30% laureati). E entro il 2016 Coldiretti prevede 100 mila posti in più. Dunque una risorsa. Per l'occupazione dei giovani. Per il riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità, nel segno del bene comune. E per il recupero dei suoli, che frenerebbe il dissesto idrogeologico, oltre a renderci meno dipendenti dalla produzione agricola estera (oggi siamo il 3° Paese Ue e il 5° al mondo per incapacità di coprire il nostro fabbisogno alimentare).

Frena queste potenzialità lo sfruttamento di manopera. Su stampa e tv europee e Usa sono frequenti i reportages dal nostro Paese sui 'raccolti della vergogna' dietro il 'made in Italy', con lo sfruttamento ai limiti della schiavitù degli stagionali, soprattutto immigrati. Terminali di una filiera di arance, vino o pomodori che non è quasi mai povera o arretrata, ma legata a grande distribuzione, marchi pregiati, multinazionali o alle agromafie. All'insegna del 'volevamo braccia, sono arrivati uomini', nelle baraccopoli agricole italiane sono stimati circa 700 mila stagionali, spesso reclutati per caporalato (reato dal 2011 e tuttora monopolista della mediazione con le imprese nel Sud). Anche tra questi ‘invisibili’, senza assistenza materiale e spirituale, i sacerdoti sono presenti. Come don Geremia Acri, parroco ad Andria, che ha fondato il centro d’accoglienza ‘S.Maria Goretti’ (www.casaaccoglienza.com), aperto ai poveri con mensa, docce, ambulatorio, oltre che – grazie ai volontari- attivo anche nell’assistenza notturna ai braccianti.