SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

«Dove la parrocchia è sempre missionaria»

Il 70% delle località italiane ha meno di 5 mila abitanti, spesso meno di mille. Piccoli centri con grandi necessità, o con i disagi delle comunità frammentate o ‘disperse’. Dai casali sulle alture del Beneventano dove c’è un solo parroco per 38 chilometri quadrati, fino alle frazioni di Norcia rase al suolo dalle scosse del 2016, ecco tre storie di presbiteri: sostenuti dalle nostre Offerte, annunciano il Vangelo della vita
11 Novembre 2019

Testi di DANIELA DE VECCHIS e GILBERTO TITO
foto di MAURIZIO COGLIANDRO a Castelpagano (Benevento) / CRISTIAN GENNARI (AGENZIA ROMANO SICILIANI) a Norcia (Perugia) / ARCIDIOCESI DI SPOLETO-NORCIA

 

DON SERGIO ROSSETTI CASTELPAGANO (BENEVENTO)
«La Messa qualche volta è anche nelle contrade»

La chiesa “in uscita” cara a Papa Francesco, quella che si fa prossima e che raggiunge le periferie geografiche ed esistenziali, è anche a qui, a Castelpagano, in provincia e in diocesi di Benevento. Un piccolo centro con poco più di 1.500 abitanti, in maggioranza agricoltori e allevatori, sparsi per 38 chilometri quadrati . Contrade e strade sterrate, che don Sergio Rossetti, classe 1969, sacerdote da 25 anni e parroco del Ss. Salvatore da 22, percorre ogni giorno per stare in mezzo alla sua gente.

“Niente di nuovo – dichiara umilmente don Sergio, figlio di emigrati in Svizzera, tornati in Italia poco dopo la sua nascita – In fondo è quello che faceva Gesù duemila anni fa e che da allora ci ha comandato di fare: andare tra le persone, portare loro il Vangelo in parole e atti concreti. Le chiese edificate in mattoni e cemento ci sono: fanno parte della mia parrocchia anche quelle del Sacro Cuore di Gesù, di Sant’Onofrio e di San Rocco, e grazie all’8xmille le possiamo ristrutturare e mantenere (ho potuto così restaurare il campanile del SS. Salvatore e la casa canonica), ma sempre più si svuotano. E quindi , oggi più che mai, è la Chiesa che deve recarsi dai fedeli. C’è un gran bisogno di andare incontro alle persone e rievangelizzarle. Da qui l’idea di celebrare la santa Messa nelle contrade, davanti alle edicole campestri: nel mese di maggio davanti all’edicola della Vergine Maria, a settembre davanti a quella dedicata a Padre Pio e così via, come pure davanti alle croci che ricordano le missioni popolari”.  

In questi punti si riuniscono per ogni Messa 10-15 famiglie, dunque circa 70-80 persone, a cui don Sergio non solo dispensa i sacramenti – l’Eucarestia e la confessione, celebrata anch’essa all’aperto – ma a cui dedica attenzione e premura. “Dopo la Messa, mangiamo insieme – continua il parroco, che ha maturato la sua capacità di ascolto nei numerosi anni in cui è stato vicedirettore della Caritas diocesana oltre che responsabile dell’Ufficio Migrantes – Ad alcuni mi presento per la prima volta, soprattutto agli anziani che non potendo venire in parrocchia e non avendo alcuno che li porti, non avrebbero altro modo per conoscere il parroco. Con molti mi fermo più tempo proprio per poterli aiutare e capirne le esigenze, come anche le intenzioni di cambiamento di vita di fronte alla ‘buona notizia’ del Vangelo. Del resto, pure per farmi semplicemente portavoce presso le istituzioni dei loro problemi, devo prima ascoltarli e conoscerli”. In quest’orizzonte verde, tre le alture coltivate e i boschi dell’alto Sannio, ci sono grandi necessità. “La parrocchia è sempre missionaria, vicina ai più isolati e a chi rischia di essere sopraffatto – aggiunge don Sergio – Penso ad esempio alla tutela della nostra terra,  che ci è affidata dal Creatore, e che va difesa perché è entrata nel mirino dei clan criminali per interrarvi discariche abusive e avvelenarla. Dobbiamo passare da una mentalità di ‘servizi’ ad una di ‘relazioni’, che diano vita a comunità forti e accoglienti”. Anche per questo la Caritas diocesana ha aperto centri ascolto e spazi come Sportello donna dove anche chi è preda di prevaricazioni e isolamento ritrovi la voce e la libertà dei figli di Dio. D.D.V.

 

DON MARCO RUFINI E DON DAVIDE TONONI NORCIA (PERUGIA)
«Il sisma ha cambiato le nostre priorità»

“Norcia è stata distrutta 7 volte dai terremoti. Ma non c’era memoria di uno come quello del 30 ottobre 2016”. Don Marco Rufini, 52 anni, a lungo l’unico sacerdote per il paese e le sue 18 frazioni, prima che nel 2018 lo raggiungesse don Davide Tononi, al momento della scossa di magnitudo 7.4 si trovava all’aperto: “Era impossibile restare in piedi, la terra si è sollevata e mi sono ritrovato aggrappato ad un albero. La città ‘ballava’, credevo di avere le allucinazioni. Quando è finito, non avevo più davanti agli occhi Norcia, solo polvere. Per fortuna non abbiamo avuto vittime, la buona ricostruzione del ’79 ha evitato il peggio. I morti li fa l’uomo e non il sisma”. Per il coraggio e la dedizione verso la popolazione, dispersa per oltre 56 chilometri quadrati, con dislivelli da 400 a 1.600 metri, gli è stato assegnato un riconoscimento al Festival mondiale della creatività nella scuola, “per aver condiviso il dolore della sua gente, restando custode della spiritualità della città”. Oggi abita in una casa in legno, presso il centro pastorale ‘Papa Francesco’: “Con don Davide e me ci sono anche due ‘patriarchi’, don Antonio Diotallevi e don Dario Dall’Orso, di 89 e 93 anni. Tutti siamo vicini allepersone, con i nostri 10 ministri straordinari dell’Eucaristia. Anche in questo Natale, quando le strade ghiacceranno”. Quanto segna il contachilometri della Panda, donata dalla Caritas? “Nemmeno lo guardo più, siamo oltre i 194 mila chilometri. Sulla mia auto ce ne sono 52 mila. Oppure usiamo il pullmino cofinanziato dagli amici leccesi di Galliano del Capo, e trentini della Val di Non, utilissimo per spostare mobili e valigie di tanti sfollati. La gente vuole ai sacerdoti più bene di quel che meritiamo – dice con umiltà – Lo sperimento tutti i giorni. E per noi preti le comunità sono la nostra forza, così come quella più grande dei donatori del sovvenire. La vita i suoi terremoti ce l’ha sempre. La nostra opera non è rifare quel che c’era prima, ma renderlo migliore”. Non è facile per chi ha faticato una vita accettare cambiamenti irreversibili: “La casa perduta per i nostri anziani è il vero dramma, l’avevano costruita per le generazioni future: era il simbolo dell’affrancamento dalla povertà dopo una vita durissima – spiega don Rufini – Mio nonno, contadino, nella vita cambiò in 20 anni 5 casali, portando con sé le sue povere cose. Nelle casette coibentate col cartongesso, chi ha potuto ha portato un comò o un tavolino, per ritrovare intorno a sé qualcosa di familiare”. Il futuro ha tempi lunghi: “spinge le persone a chiudersi. Anche chi è rimasto, specie le giovani famiglie, valuta ora di spostarsi per i figli”. L’emergenza finirà ufficialmente il prossimo 31 dicembre. Intanto la Chiesa lavora anche per i giovani: “Sono ammirato da tanti dei nostri ragazzi che restano, perché pensano al plurale, pur volendo esplorare il mondo com’è giusto a quell’età”. Grazie a loro resistono iniziative come il teatro, la corale, la banda e la scuola di musica, ma non ci sono spazi adatti: “ci alterniamo tutti nel centro di comunità, luogo delle celebrazioni e di altre attività”.

C’è urgenza di altri centri pastorali anche per delocalizzare i luoghi di culto: “Siamo senza più chiese – spiega don Marco – perciò in questi anni abbiamo celebrato ovunque, anche all’aperto o nei capannoni”. “Senza chiese viviamo giorno per giorno, il sisma ci ha fatto riscoprire l’essenziale – chiarisce don Davide Tononi – È pieno il mondo di posti senza comunità, noi almeno abbiamo fedeli e relazioni salde anche se per ora senza mura per il culto”. Nato nel Bresciano, umbro d’adozione, 34 anni, dal 2018 i fedeli lo vedono arrivare ovunque con la sua Vespa 50 Special gialla. Ha chiamato ‘Lu porù prete’ (il povero prete) la pagina web dove racconta la vita con la sua gente: “La burocrazia è lenta, e chi resta scommette sulla speranza:siamo passati dai 4.500 residenti, che d’estate si moltiplicavano, ai 3.100 di oggi. La Messa ha ritrovato la sua centralità, siamo impegnati perché la Chiesa sia una famiglia e la gente si senta a casa. Qui ci sono tanti anziani, anche in zone isolate e coi figli lontani, ma in un anno abbiamo celebrato anche 32 battesimi, segno di una forte reazione vitale. Troppi invece i funerali, perché la depressione porta tanti a lasciarsi andare. Gli anziani probabilmente non rivedranno la loro casa, ma il nostro cuore è con loro. La giornata di tutti noi preti è fatta di incontri e visite”. E finisce tardi: nel centro di comunità per coro e teatro, e dopo la cena della domenica con i ragazzi delle superiori. “Poi rientro nel mio container”. L’economia si muove in ordine sparso: senza alloggi il turismo è ‘mordi e fuggi’.

I rinomati salumifici vendono on line o a Roma: “Sono aumentati i nuovi poveri – spiega Cinzia Fiorucci, catechista, ministro straordinario dell’Eucaristia e referente Caritas per la pievania – Norcia era un paese prospero che ora vive con molto poco. C’è riserbo a chiedere, la Chiesa interviene con delicatezza. Non ci sono mezzi pubblici per un anziano che dalle frazioni voglia raggiungere Norcia, il cratere è gigante e la popolazione è poca: ci organizziamo con l’aiuto reciproco. L’inverno è lunghissimo, scendiamo anche a 18°C sotto zero: quando porto la Comunione attorno a me trovo occhi velati di lacrime. Agli anziani manca il calore della vita tra le mura, di un angolo perduto davanti al camino: ‘la fiamma ti guarda’ dicono”. I volontari che come Cinzia Fiorucci fanno vivere la comunità si fanno portavoce anche delle richieste delle famiglie: i genitori chiedono un cambio di passo e spazi adeguati per i ragazzi, perché la sera tanti vanno a bere e nei paesi si rischia un’involuzione educativa.

 

“La parrocchia ha bisogno urgente di una mano – spiega Fiorucci – per aprire centri sportivi che funzionino anche d’inverno: campetti coperti di calcio e pallacanestro, palestra e uno spazio per il cineforum, non più solo open space dove ci alterniamo. L’oratorio di Santa Maria delle Grazie per i ragazzi delle superiori la sera funziona ma dista almeno 7 chilometri dalla zone delle casette”.

Molti under 30 intanto fanno la loro parte: un giovanissimo ‘Club della moto’ organizza itinerari per esplorare l’area su due ruote enduro: hanno ripulito percorsi sterrati per 160 chilometri tra i paesi e le montagne, per gare con centinaia di partecipanti da tutta Italia. E sono impegnati anche con la mototerapia a favore delle persone disabili. Storie di generosità e di nuove economia. “Sappiamo di vivere in una zona fragile. Basta una debole sequenza sismica perché tra la gente tornino paura e malori – spiega Cinzia – Ma anche grazie ai sacerdoti supereremo insieme questi anni. Un po’ come la nostra quercia plurisecolare della frazione di Nottoria, una delle più antiche d’Europa: continua a crescere qui, nella terra di San Benedetto”. D.S.